Riportiamo titoli e contenuti del servizio dedicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno alle vertenze individuali, in base ai dati forniti dall’Uvl. Nella stessa pagina è riservato un ampio spazio ad una intervista al responsbaile dell’Uvl della Cgil Lecce, Alessio Colella.

 

 

 

 

 

Servizi, edilizia, trasporti. L’attività registrata nel 2020 dall’Ufficio vertenze legali (Uvl) della Cgil Lecce fotografa in pillole la crisi provocata dalla pandemia in determinati settori. Nel giro di tre anni, le vertenze individuali gestite dal sindacato del quadrato rosso sono aumentate del 30 per cento (erano 133 nel 2017). Solo nell’ultimo anno le cause (o le conciliazioni) tra lavoratori e imprenditori sono salite del 18 per cento (erano 148 nel 2019).
Al 31 dicembre del 2020, il responsabile dell’Uvl Alessio Colella ha avviato 174 vertenze. Di queste ben 85 riguardano il settore del terziario (servizi alla persona, commercio, turismo), 29 l’edilizia e 18 i trasporti. Seguono poi altri comparti: metalmeccanico (11), cooperative sociali (10), agricoltura (9), tessili (6), telecomunicazioni e spettacolo (3), somministrati (2) e bancari (1). Un panorama piuttosto esteso, dunque, che quest’anno colpisce in particolare settori come quello di colf e badanti, turismo, trasporti.
Rispetto alle due precedenti rilevazioni (2017 e 2019), infatti, resta grosso modo invariato il numero delle vertenze nel settore dell’edilizia (23 e 25), riaffiora anche una certa vertenzialità nel settore tessile (forse anche per il ritorno di tante aziende alla produzione in loco), mentre salgono a dismisura i numeri nelle ditte di trasporto (erano solo 2 nel 2017) e nelle cooperative sociali, in particolare quelle che gestiscono Residenze sanitarie per anziani. Due comparti che hanno sofferto in maniera profonda i morsi della crisi provocata dal Covid. La condizione del settore privato dei trasporti, poi, non fa presagire nulla di buono, visto che avrà grandi difficoltà a rimettersi in moto dopo mesi di blocco totale. Così come spaventa ciò che potrà avvenire una volta che verrà scoperchiato il vaso di Pandora, ossia quando saranno sbloccati i licenziamenti, in molti casi l’unico esile filo che lega migliaia di lavoratori al posto di lavoro ed al sussidio statale.

 

 

 

“Non abbiamo lasciato da solo nessuno”. Il responsabile dell’Ufficio vertenze legali (Uvl) della Cgil Lecce, Alessio Colella, parla con soddisfazione del lavoro svolto nel 2020. Un anno duro, caratterizzato da una crisi senza precedenti e che ha messo a dura prova il suo ufficio, nonostante il blocco dei licenziamenti. “Abbiamo tenuto fede alla nostra missione”, dice con orgoglio, “accogliendo e difendendo lavoratrici e lavoratori, senza distinguere tra iscritti e non iscritti. La Cgil ha manifestato concretamente vicinanza a pensionati, lavoratori, cittadini: non abbiamo mai chiuso la sede provinciale ed abbiamo ascoltato gli sfoghi di centinaia di persone. A loro abbiamo offerto sì un supporto sindacale e di consulenza, ma non ci siamo risparmiati sul lato umano”.
Signor Colella, quali sono i lavoratori che più bussano al suo ufficio?
“Il macrosettore più rappresentato è il terziario. Non solo commercio e turismo, ma anche e soprattutto servizi alle persone”.
C’è un settore che crea particolari difficoltà?
“Le difficoltà si creano solo quando i datori di lavoro non rispettano i contratti nazionali e sfruttano i dipendenti. In realtà c’è un solo settore ‘anomalo’, che è quello del lavoro domestico. Spesso ci ritroviamo davanti lavoratrici e lavoratori da difendere nei confronti di datori di lavoro che a volte non sono neppure consapevoli di essere tali: non sanno per esempio che questi servizi rientrano in una specifica area contrattuale. È un tipo di lavoro, quello domestico, molto particolare: bisogna tutelare il lavoratore domestico, ma anche le persone curate e le loro famiglie, che spesso sono pensionati e lavoratori dipendenti essi stessi. Cerchiamo sempre, in questi casi, di raggiungere un equilibrio. Tra l’altro questo è un settore che andrebbe normato e inquadrato meglio: esiste un vero e proprio mercato sommerso, un collocamento parallelo, una forma di caporalato di colf e badanti che vessa ancor di più le lavoratrici”.
I dati del vostro ufficio continuano a crescere da quattro anni, come se lo spiega?
“La spiegazione è molto semplice. Il mercato del lavoro negli ultimi 30 anni ha subito un forte attacco, con riforme sempre meno a tutela dei lavoratori dipendenti: l’ultima batosta è stato il Jobs act del 2015. Inoltre una parte della classe imprenditoriale continua ad usare le crisi che si succedono, quindi anche quella dovuta alla pandemia, per tagliare i costi del lavoro. Il Covid, sia chiaro, ha messo a dura prova tutti: noi non viviamo sulla luna, ci rendiamo conto di quanto siano state forti le difficoltà anche per le aziende. Ma quando i lavoratori vengono a parlare nei nostri uffici ci raccontano di situazioni in cui i datori di lavoro si sono approfittati della situazione per tagliare diritti”.
A che cosa si riferisce in particolare?
“Le faccio l’esempio di quanto capitato con alcune cooperative sociali. Alcuni imprenditori del settore si sono approfittati della situazione provocata dal Covid per non pagare i lavoratori così come avrebbero dovuto: una volta sforato il budget dei finanziamenti regionali, a rimetterci sono i lavoratori. A quel punto la cooperativa si rende conto che la propria struttura si sta riempiendo di anziani e che avrebbe bisogno di altro personale, ma piuttosto che sforare il budget spreme i lavoratori in forze”.
Quali sono le principali violazioni che riscontrate?
“Sicuramente lavoro irregolare e violazioni sull’applicazione del giusto contratto di lavoro. Spesso ci ritroviamo un lavoratore con contratto metalmeccanico dentro un cantiere edile. E viceversa. O ancora riscontriamo irregolarità sulle ore effettivamente svolte: è il solito escamotage del contratto part-time che camuffa rapporti di lavoro full-time a tutti gli effetti. Ci sono poi i casi in cui i lavoratori lamentano retribuzioni inferiori ai minimi previsti dal contratto nazionale del lavoro, la mancata corresponsione di alcuni istituti contrattuali come il pagamento delle tredicesime, delle ferie, del trattamento di fine rapporto. Insomma non sempre l’imprenditore si comporta in maniera regolare”.
Che cosa le chiedono i lavoratori?
“I lavoratori sono quasi mai animati da spirito di vendetta. Quel che vogliono è avere un’informazione sui propri diritti, sulle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro. Vengono da noi sia in costanza di rapporto, specie a scopo informativo, sia quando ormai il loro contratto è scaduto. Quest’ultimo caso si verifica soprattutto nei settori frammentati, come il terziario, costituito nel Salento da micro imprese non sindacalizzate e non sempre in grado di garantire continuità ai rapporti di lavoro instaurati. La vertenzialità nei settori industriali riguarda invece la mancata applicazione del contratto nazionale o dell’integrativo provinciale. Oppure ci si rivolge a noi per recuperare malattie o assegni familiari”.
Le vertenze finiscono sempre davanti al giudice del lavoro?
“Non sempre. Ultimamente è molto alto il ricorso all’attività stragiudiziale. Ciò avviene per due motivi. Innanzitutto perché i tempi della giustizia civile e del lavoro sono biblici ed i costi alti. E poi perché l’arbitrato e la mediazione civile spesso fanno trovare un punto di incontro conveniente per entrambe le parti. Ovviamente laddove incontriamo resistenza dell’azienda a riconoscere i diritti dei lavoratori, non resta che ricorrere al Tribunale”.