Alcar Industrie, 500 posti di lavoro appesi ad un filo. Il prefetto di Lecce convoca Tribunale, commissari e sindacati per domani. Lavoratori occupano la strada

Domani tavolo in Prefettura alle 9.30. Alle 11.30 incontro con Fiom e Fim. Alle 16 l’assemblea davanti ai cancelli dello stabilimento leccese. Longo (Fim) e Morea (Fiom): “Incontro positivo. Massimo impegno istituzionale per salvare 500 posti di lavoro”

Lecce, 20 ottobre 2020 – “Salveremo i livelli occupazionali”. È l’impegno preso stamattina dalla Prefettura di Lecce davanti ai segretari ed alle Rsu di Fim e Fiom. Una vera e propria task force si sta attivando per salvare i 500 posti di lavoro di Alcar Industrie srl, dopo l’arresto del presidente Matteo Ginatta e dopo l’ordinanza del Tribunale di Lecce che ha fissato un tetto di spesa mensile di 10mila euro a fornitore: un livello di spesa insostenibile per un’azienda di questo livello.

Oggi i lavoratori hanno scioperato e presidiato la Prefettura di Lecce (bloccando anche il traffico). Qui era in programma un incontro sulla vertenza Alcar con il prefetto Maria Rosa Trio, che ha ricevuto, insieme con i viceprefetti Guido Aprea e Beatrice Mariano, i segretari generali territoriali della Fim Cisl e della Fiom Cgil, Maurizio Longo e Annarita Morea, e le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) dell’azienda. Il prefetto ha assicurato massimo impegno per salvaguardare i livelli occupazionali. Ha chiamato la presidente della Sezione Commerciale del Tribunale di Lecce, Anna Rita Pasca, per conoscere le motivazioni alla base dell’ordinanza e conoscere la situazione della gestione commissariale. A tal proposito ha convocato un incontro domani alle 9.30 con Tribunale e commissari; subito dopo incontrerà, alle 11.30, sindacati ed Rsu (in videoconferenza anche con Vaie). Alle 16, Longo e Morea, comunicheranno le risultanze dei vari incontri ai lavoratori durante un’assemblea che si terrà davanti ai cancelli dell’azienda nella zona industriale di Lecce. Contemporaneamente è partita una richiesta di incontro al Ministero dello Sviluppo Economico.

“Il Tribunale ha emesso un’ordinanza restrittiva che pone un tetto di 10mila euro mensili a fornitore. Una decisione che non consente la continuità aziendale e che mette a serio rischio fallimento una storica azienda metalmeccanica del Salento, che occupa 300 lavoratori a Lecce e 200 in provincia di Torino”, dicono Longo e Morea. “Oggi abbiamo dovuto forzare la mano, con un presidio davanti alla Prefettura, per ottenere un incontro e risposte sulla gestione commissariale. Il prefetto ci ha garantito che in nessun caso alla fine di questa storia ci saranno esuberi; noi però non vogliamo rischiare di trovare chiusi, da un giorno all’altro, i cancelli dello stabilimento”. 

La vertenza
Alcar Industrie srl – tra occupazione diretta, interinali, apprendisti e varie forme contrattuali – occupa in provincia di Lecce circa 300 dipendenti, mentre a Vaie (To) altri 200.
Alcar Industrie srl ha affittato il ramo d’azienda di Alcar nel 2016. Dopo il fallimento di Alcar (luglio 2018), la curatela fallimentare ha cercato di salvare Alcar Industrie, scongiurando la cessazione dell’attività e la “retrocessione” al fallimento con conseguente perdita dei posti di lavoro di Alcar Industrie. A patto però che si raggiungesse un accordo sindacale che stabilisse il destino dei circa 300 lavoratori dipendenti di Lecce. La vertenza è partita in salita. Nei numerosi tavoli che si sono succeduti lo scorso anno, l’azienda aveva determinato una sovracapacità produttiva di 100 unità e paventato la riassunzione dei lavoratori confermati senza diritti maturati e inquadrandoli con un livello di entrata inferiore all’attuale. Tutte richieste che hanno incontrato la ferma opposizione dei sindacati. Il 29 gennaio di quest’anno si era raggiunto un accordo che praticamente azzerava la sovracapacità e confermava livelli retributivi e diritti.
A complicare il quadro sono subentrati il Covid e soprattutto l’arresto di Matteo Ginatta (avvenuto il 18 giugno scorso con l’accusa di riciclaggio). Da quel momento le vicende dell’azienda si sono sviluppate in un contesto molto complicato, che però non lasciava presagire l’attuale evoluzione: il 17 luglio infatti l’azienda aveva presentato una procedura concorsuale con proposta di concordato in continuità aziendale, accettata dal Tribunale di Lecce il 6 agosto. La Sezione Fallimentare ha poi emanato alcune ordinanze restrittive nei confronti della gestione aziendale, che non minavano la sopravvivenza dell’azienda. Nei giorni scorsi, l’azienda ha comunicato ai sindacati le ultime decisioni della Sezione Fallimentare del Tribunale di Lecce, che ha imposto un tetto di spesa pari a 10mila euro a fornitore. Una condizione che rende insostenibile ed antieconomica la continuità aziendale. Bastano pochi esempi per capire l’insostenibilità della situazione: la sola bolletta elettrica costa 70mila euro a bimestre o ancora la fornitura delle lamiere costa 400mila euro al mese (ed è impensabile reperire 40 fornitori diversi in Italia).

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