Lecce, 15 ottobre 2020 – Si sono tenute oggi le assemblee nel sito leccese di Alcar Industrie srl. I lavoratori, col sostegno di Fim e Fiom, hanno stabilito di organizzare una giornata di mobilitazione per martedì 20 ottobre con presidio sotto la Prefettura. Analoga manifestazione si svolgerà anche a Torino, nella cui provincia (a Vaie) ha sede un altro stabilimento dell’azienda metalmeccanica.

Venerdì l’azienda ha comunicato ai sindacati le ultime decisioni della Sezione Fallimentare del Tribunale di Lecce, che ha imposto un tetto di spesa pari a 10mila euro a fornitore. Una condizione che rende insostenibile ed antieconomica la continuità aziendale. Bastano pochi esempi per capire l’insostenibilità della situazione: la sola bolletta elettrica costa 70mila euro a bimestre o ancora la fornitura delle lamiere costa 400mila euro al mese (ed è impensabile reperire 40 fornitori diversi in Italia). Dopo la fase acuta del Covid e l’arresto ad opera della Guardia di Finanza del presidente di Alcar, Matteo Ginatta (avvenuto il 18 giugno scorso per l’accusa di riciclaggio), le vicende dell’azienda si sono sviluppate in un contesto molto complicato, che però non lasciava presagire questa evoluzione: il 17 luglio infatti l’azienda aveva presentato una procedura concorsuale con proposta di concordato in continuità aziendale, accettata dal Tribunale di Lecce il 6 agosto. La Sezione Fallimentare ha poi emanato alcune ordinanze restrittive nei confronti della gestione aziendale, che non minavano la sopravvivenza dell’azienda.

“Dopo l’arresto di Ginatta, la gestione è diventata assai più critica”, dicono Maurizio Longo e Annarita Morea, segretari generali provinciali di Fim Cisl e Fiom Cgil. “In un contesto di per sé complicato si è inserita questa ordinanza, di cui ci riferisce l’azienda e di cui non riusciamo a comprendere le ragioni. A questo punto è serissima la preoccupazione per il destino di centinaia di famiglie”.

Alcar Industrie srl – tra occupazione diretta, interinali, apprendisti e varie forme contrattuali – occupa in provincia di Lecce circa 300 dipendenti, mentre a Vaie (To) altri 200. Appresa la notizia, già venerdì i segretari di Fim e Fiom hanno immediatamente allertato la Prefettura. È subito partita la richiesta di un incontro urgente per scongiurare il rischio sociale che si creerebbe se l’azienda desse seguito a quanto imposto dal Tribunale: a quel punto circa 500 posti di lavoro, tra Puglia e Piemonte, andrebbero persi.