Melpignano, 22 novembre 2021 – Si è tenuta oggi nella Sala Conferenze del Palazzo Marchesale di Melpignano l’iniziativa “Donne al Centro dell’Europa”. Organizzata dalla Cgil di Lecce con il Comune di Melpignano, in vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre). L’incontro, molto partecipato, ha analizzato l’azione dell’Unione Europea in favore della parità di genere.
Dopo l’introduzione della segretaria generale della Cgil Lecce, Valentina Fragassi, e gli interventi di Valentina Avantaggiato, sindaco di Melpignano, e Filomena Principale, segretaria della Cgil Puglia, hanno dialogato Susanna Camusso, già segretaria generale della Cgil e oggi responsabile per le Politiche di genere e le Politiche europee della Cgil Nazionale, ed Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia Romagna. A moderare la giornalista di Leccepima.it, Valentina Murrieri.
Di seguito l’intervento della segretaria generale della Cgil Lecce, Valentina Fragassi:
Oggi proveremo a chiederci: Che cosa fa l’Europa per la parità di genere? Che cosa fa il nostro Paese? Che cosa possono fare Comuni, anche piccoli ma all’avanguardia come Melpignano, e Regioni? Se guardiamo al passato, non possiamo certo dire di essere all’anno zero: cinquanta o dieci anni fa, la condizione delle donne in Italia e al Sud era sicuramente peggiore rispetto ad ora. Dal Secondo Dopoguerra in poi, in particolare, la nostra società garantisce l’uguaglianza formale tra uomini e donne. Ma l’uguaglianza sostanziale resta per molte di noi un miraggio. L’universo femminile non è ancora nelle condizioni di valorizzare a pieno le proprie potenzialità e vocazioni, se non al costo di sacrifici notevoli o di rinunce importanti. Nonostante gli sforzi fin qui compiuti, questo non è ancora un mondo per donne.
L’iniziativa di oggi, “Donne al centro dell’Europa”, intende tenere insieme: la lunga lotta condotta dai movimenti per l’emancipazione femminile con la consapevolezza che raggiungere un’effettiva parità di genere sia obiettivo strategico per lo sviluppo armonico dell’Europa e della società. È innegabile che l’Europa abbia dato una spinta decisiva in questo percorso. La parità di genere infatti è uno dei valori fondanti fin dal Trattato di Roma. E siamo nel pieno di un lungo, e purtroppo lento, percorso di riduzione delle disparità. Secondo l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, proseguendo al ritmo attuale, ci vorranno altri 60 anni prima che si raggiunga la piena uguaglianza di genere nell’Unione.
L’Europa non è ancora un continente per donne.
L’indice della parità di genere colloca l’Italia al 14esimo posto in Europa. Nell’ultimo decennio siamo passati da 53,3 punti su 100, a 63,8 punti. Siamo ancora sotto la media europea (ferma a quota 68), però qualcosa si muove. Badate bene: tutto ciò al netto della piaga della violenza di genere, un parametro non ancora conteggiato nell’indice.
Un fenomeno rispetto al quale la consapevolezza di tutti è arrivata con colpevole ritardo e al costo di imperdonabili sofferenze. Soprattutto in Italia: basti pensare che appena 40 anni fa nel nostro codice penale era previsto il “delitto d’onore”; e solo da 25 anni la violenza sessuale è diventata reato contro la persona (non contro la morale pubblica).
Tornando alla parità di genere, stando alla narrazione prevalente, la situazione italiana dovrebbe migliorare con il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Sicuramente Susanna ed Elly, durante il loro dialogo, ci aiuteranno a comprendere che cosa è lecito aspettarsi da questo Piano, presentato come la panacea di tutti i mali. Sarà davvero così? Questo incontro ha obiettivi semplici: allargare conoscenza, consapevolezza e partecipazione nei percorsi che segneranno la società del futuro. Percorsi che, in questo caso, sono stati purtroppo delineati in tutta fretta. Sul Pnrr al momento abbiamo una sola certezza: arriveranno centinaia di miliardi di euro, molti dei quali a debito. Sono risorse importanti, che dovrebbero avere un impatto forte sulla parità di genere, considerata una priorità trasversale alle varie missioni del Piano.
Abbiamo il dovere di vigilare affinché ciò avvenga. Ma le perplessità non mancano. Intanto non ci sono obiettivi quantificabili sull’occupazione femminile. E poi: se la gran parte della dotazione finanziaria del Piano si investe su infrastrutture ed interventi a forte occupazione maschile (energia, infrastrutture, reti di telecomunicazione e digitalizzazione) è difficile prevedere un grande impatto sul tasso di occupazione femminile.
I vincoli sulla creazione di posti di lavoro e le certificazioni di genere sono segnali virtuosi, ma bisogna superare un gap culturale evidente. E su questo aspetto è difficile essere ottimisti, soprattutto se il Piano considera lo “smart working all’italiana” un incentivo alla conciliazione famiglia-lavoro oppure se etichetta come settori a privilegiata occupazione femminile sempre i soliti comparti: lavoro di cura, assistenza, turismo, cultura. Due anni di pandemia avrebbero dovuto insegnarci qualcosa! Invece purtroppo siamo ancora alle prese con stereotipi radicati nella società.
Compagne e compagni, il Pnrr da solo non basta: serve una profonda rivoluzione culturale e sociale del Paese. È evidente.
E guardate, finché un conduttore tv si sentirà di parlare a nome di milioni di telespettatori dicendosi contrario all’aborto in ogni sua forma, c’è poco da essere ottimisti. E allora siano benvenuti gli interventi legislativi. Come quelli regionale e nazionale sulla parità salariale. Leggi che devono valorizzare i contratti nazionali e che ora bisogna far vivere.
Che cosa possiamo fare noi della Cgil in questo contesto? Restare fedeli alla nostra missione: informare lavoratrici e lavoratori pensionate e pensionati, cittadine e cittadini, rappresentarne le istanze, orientare per quanto possibile il decisore politico. Soprattutto non dobbiamo tirarci indietro di fronte a ciò che sa fare meglio: contrattare. A tutti i livelli.
Ne abbiamo avuto un esempio a livello generale con l’importante ruolo svolto dalla Cgil Puglia nella elaborazione dell’Agenda di genere nella nostra regione, di cui Filomena saprà parlarci meglio. Valentina, la sindaca di Melpignano che ringrazio per l’impegno concreto per la riuscita di questa iniziativa, ci racconterà la sua esperienza di donna amministratrice, ma anche ciò che un piccolo Comune può realizzare per superare le disparità di genere e incentivare le donne a partecipare alla politica locale con impegno diretto ed esposizione.
La Cgil Lecce in questo contesto dà il proprio contributo. Tra Confederazione e Categorie su 13 segreterie ben 7 sono guidate da donne; così come donna è la direttrice di una importante struttura come il Patronato Inca. Lavoriamo ogni giorno per responsabilizzare e valorizzare le nostre compagne, anche le più giovani, così come costantemente cerchiamo di sensibilizzare gli uomini del sindacato al rispetto dell’altro genere. Tutte le nostre categorie sono impegnate a contrattare sui luoghi di lavoro ed a livello provinciale, per garantire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per tenere sullo stesso livello i salari, per far sì che i nuovi diritti e le nuove istanze (penso allo smart working) non si trasformino in nuovo sfruttamento e in nuove gabbie per le lavoratrici. Tutto ciò mentre come Confederazione lavora con le Categorie sui tavoli della contrattazione sociale e territoriale, affinché le istituzioni pubbliche possano alleviare per davvero il carico di lavoro insostenibile che le lavoratrici e le pensionate devono affrontare a casa, nel lavoro di cura dei loro figli, dei loro genitori, dei loro compagni.
Un compito che svolgiamo forti della nostra storia. Da sempre il protagonismo femminile è architrave della nostra azione. Una vicenda che anche a Lecce conta su tanti volti e tanti nomi, spesso sconosciuti ai più, di cui andiamo fieri. Ringraziamo tutte loro, pensionate e lavoratrici attive, per ciò che hanno fatto e continuano a fare per le loro compagne sui luoghi di lavoro e nelle Camere comunali. È il momento di andare avanti sulla strada della piena emancipazione delle donne. Una strada piena di ostacoli. Una strada, compagne e compagni, che però dobbiamo avere il coraggio di percorrere sino in fondo, aggiornando il nostro impegno alle nuove forme di discriminazione, sfruttamento, caporalato e pregiudizi di genere. Tutti insieme, donne e uomini della Cgil, sempre dalla stessa parte. Dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori.