Lecce, 23 settembre 2022 – Un grande favore alle aziende del sistema sanitario regionale, ma soprattutto un pugno alla contrattazione collettiva. La proposta di delibera presentata dall’assessore regionale alla Salute, Rocco Palese, per aggiornare le tariffe per l’assistenza socio-sanitaria fa ricadere il costo della pandemia e della crisi energetica interamente sulle spalle dei lavoratori. Prende infatti in considerazione la media del costo del lavoro dei vari contratti nazionali applicati, anche di quelli che applicano accordi peggiorativi per i lavoratori, sia dal punto di vista normativo (meno ferie, meno permessi, nessun premio di produzione, quattordicesima che se è prevista è spalmata su 13 mensilità) e non sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative aderenti a Cgil, Cisl e Uil.
Sulle spalle dei lavoratori. Per la Funzione Pubblica Cgil Lecce si tratta di un vero e proprio colpo di mano sulla contrattazione collettiva: “Siamo fortemente preoccupati. Quanto proposto dall’assessorato alla Salute è inappropriato dal punto di vista economico e da quello dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”, dice Floriano Polimeno, segretario provinciale della Fp Cgil Lecce. “La Regione punta a depotenziare il contratto sottoscritto dalle sigle aderenti a Cgil, Cisl e Uil con l’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop, ndr), ossia l’unico accordo capace di garantire davvero il personale dal punto di vista salariale e normativo. È espressamente prevista l’abrogazione dell’obbligo di utilizzo delle tariffe previste dal contratto sanità privata per determinare le tariffe. Ciò taglia notevolmente sia l’aumento delle tariffe, sia il salario. Per le aziende la delibera si traduce in un doppio vantaggio: da una parte ottengono un sensibile aumento delle tariffe giornaliere e di fatto un via libera ad applicare il contratto peggiorativo per abbattere il costo del lavoro. Chi ci perde sono soltanto i lavoratori e i pazienti, che si ritroveranno di fronte operatori di certo meno motivati e gratificati”, dice il sindacalista.
Cosa prevede la proposta di delibera. L’aggiornamento delle tariffe regionali riguarda l’assistenza socio-sanitaria in favore di (tra parentesi l’aumento medio delle tariffe per ciascun settore): soggetti non autosufficienti (tra il 20 ed il 25%), disabili (tra il 15 ed il 20%), persone con disturbi mentali (tra il 10 e il 15%), persone affette da dipendenze patologiche (circa il 20%), persone con disturbi dello spettro autistico (circa il 30%). “Si tratta di aumenti risibili, scollegati dal reale costo del lavoro e insufficienti a fronteggiare la crisi. È del tutto infondato il presupposto filosofico alla base della proposta: ‘Aiutiamo le aziende, tagliando il costo del lavoro’. Tutto ciò scaturisce, oltre che dalla mancanza di una legge sulla rappresentanza che da anni chiediamo al Parlamento, anche dal mancato coinvolgimento nella fase di preparazione ed elaborazione della proposta delle organizzazioni datoriali e sindacali”, spiega Polimeno. “Una modalità che tradisce autoreferenzialità, laddove sarebbero occorsi confronto e percorsi condivisi. Per alcuni servizi, come quelli erogati a soggetti affetti da disturbi psichiatrici, si introduce addirittura la compartecipazione della retta: per noi è un vero e proprio obbrobrio giuridico e scientifico, perché rischia di creare discriminazioni tra pazienti”.

Differenze salariali. Per avere un’idea della portata del provvedimento, riportiamo di seguito una tabella utilizzata nella proposta di delibera per calcolare il costo medio del personale preso a base per la determinazione delle tariffe. “Al di là delle motivazioni e della metodologia adottata, emerge chiaramente la volontà di ridurre il costo del lavoro incidendo sul personale non medico. Come pure traspare un potenziale svilimento delle professioni coinvolte a tutto vantaggio delle aziende private”, conclude il sindacalista.