Decreto Di Maio: dal 1° novembre centinaia di lavoratori interinali perdono il lavoro

Lecce, 1° novembre 2018 – Primi effetti del Decreto Di Maio sui lavoratori salentini. Oggi scadono numerosi contratti tra interinali e agenzie di somministrazione e contemporaneamente viene meno la disciplina transitoria del Decreto Di Maio. Nelle intenzioni governative, il limite ai rinnovi dei contratti precari avrebbe dovuto incentivare il ricorso al tempo indeterminato. In realtà l’effetto ottenuto è opposto: centinaia di persone hanno di fatto perso il lavoro.
Per effetto del Decreto Di Maio (vedi giù la scheda), molte aziende hanno deciso di non rinnovare i contratti in scadenza ieri. In questo modo le imprese evitano aggravi contributivi. Dal punto di vista dei lavoratori, soprattutto chi tra essi vanta maggiore anzianità e magari si aspettava la stabilizzazione, la giornata è stata drammatica: in tantissimi infatti hanno perso il lavoro.
«I lavoratori che hanno maturato un’anzianità di oltre 12 mesi, specialmente chi aspirava ad una stabilizzazione frutto di anni di lavoro, sono stati traditi dal Decreto Di Maio», dice Sabina Tondo, coordinatrice provinciale del Nidil Cgil Lecce. «Nella maggior parte dei casi parliamo di lavoratori che hanno acquisito competenze nella propria attività e che dovranno ora reinventarsi, magari per l’ennesima volta. Un provvedimento come il Decreto Di Maio, che nelle intenzioni vuol combattere la precarietà, ha nei fatti espulso da ciclo produttivo centinaia di lavoratori salentini e probabilmente incentiverà il turnover nelle aziende. La norma andrebbe migliorata, per esempio obbligando le aziende che attingono dalle agenzie interinali a mantenere il personale nello stabilimento, senza ricominciare da capo ogni volta. Una sorta di diritto di prelazione sulle assunzioni».
Il Decreto Di Maio agisce come un coltello a doppia lama sui lavoratori interinali. Oltre al tetto legato alla durata dei contratti, infatti, su di loro incombe anche il limite fissato dal Decreto Di Maio al lavoro in somministrazione: «Il datore di lavoro ha l’obbligo di attenersi al limite del 30% di interinali sulla platea dei lavoratori dipendenti. Questo costringe le aziende in cui in questi anni si è fatto un uso sregolato e quasi strutturale di interinali a “sfrondare”. E così dall’oggi al domani, i lavoratori interinali, praticamente ormai strutturati in tantissime nostre realtà produttive, si sono ritrovati ad essere lavoratori in eccesso», conclude Tondo.

Il caso Comdata
C’è un’azienda in cui queste dinamiche sembrano già in atto. È Comdata, il call center che nel tempo è diventata la più grande impresa della provincia per numero di occupati. In via De Mura a Lecce, infatti, sono impiegati circa 1.200 lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, a cui si sommano circa 800 tra lavoratori in somministrazione e collaboratori a progetto. Qui proprio ieri, quasi 200 lavoratori hanno ricevuto la comunicazione del mancato rinnovo del contratto in somministrazione in scadenza al 31 ottobre. Stesso destino hanno vissuto decine di lavoratori nelle settimane passate e di certo prossimamente dovranno vivere altri loro colleghi. Tra essi anche lavoratori ormai strutturati, al lavoro sulle grandi commesse dell’azienda da oltre 18 mesi.

Che cosa prevede il Decreto Di Maio

Il Dl 87/2018 (clicca sul link per leggere il testo in Gazzetta Ufficiale), pomposamente denominato Decreto Dignità, aveva previsto un periodo transitorio tra il 14 luglio, giorno dell’entrata in vigore del provvedimento, e il 31 ottobre. Da oggi, 1° novembre, per prorogare o rinnovare un contratto a termine già avviato tra le parti, bisognerà seguire le nuove regole:

  • durata massima del primo contratto a termine senza causale di 12 mesi;
  • oltre i primi 12 mesi, proroga con causale: il datore deve cioè precisare che la prosecuzione del rapporto avviene a tempo determinato per esigenze temporanee e oggettive;
  • le proroghe possono essere al massimo quattro nell’arco di 24 mesi (e non più cinque nell’arco di 36 mesi);
  • la durata massima dei rapporti a termine fra lo stesso datore e lo stesso lavoratore è di 24 mesi, salvo previsioni diverse del contratto collettivo applicato dall’azienda.

Il provvedimento ha previsto un periodo transitorio. Entro il 31 ottobre sarebbe stato possibile mantenere il tetto complessivo dei 36 mesi: ad esempio un contratto scaduto il 30 settembre dopo 14 mesi avrebbe potuto avere una durata massima di altri 22 mesi, senza necessità della causale, solo se siglato entro ieri. Lo stesso contratto dell’esempio, se fosse rinnovato oggi, col Decreto Di Maio avrebbe durata massima di 24 mesi (dunque altri 10 mesi e non 22).
Non esiste, invece, regime transitorio se il primo contratto tra le parti è stato stipulato dal 14 luglio in poi: in questo caso le nuove regole sono scattate subito. Quindi, un accordo siglato per la prima volta il 15 luglio può essere prorogato alla scadenza solo fino a un massimo di 4 volte, e richiederà la causale se saranno superati i 12 mesi; allo stesso modo, in caso di rinnovo, dovrà sempre essere accompagnato dalla causale.
Inoltre il Decreto prevede per le imprese una quota massima del 30% di lavoratori interinali sul totale del personale dipendente. Quota ora non più derogabile dalla contrattazione nazionale o di secondo livello.

L’articolo della Gazzetta del Mezzogiorno
L’articolo del Quotidiano

Sullo stesso argomento ha scritto oggi anche Il Messaggero