Riflessioni: I giovani e l’eredità centenaria del PCI

Di seguito l’intervento pubblicato oggi in prima pagina dal Nuovo Quotidiano di Puglia a firma di Luca Toma.

di Luca Toma*

Può qualcosa nato giusto 100 anni fa, la cui esperienza è stata frettolosamente dichiarata conclusa nel 1991, mantenere intatto il ricordo ed il radicamento nella società italiana? Certamente sì. Specie se intatti rimangono domande e bisogni a cui la nascita e la straordinaria esperienza del Partito Comunista Italiano hanno cercato di dare risposta. O se intatta rimane l’urgenza che quel lascito trovi adeguata rappresentanza. O ancora se intatta rimane la necessità di costruire un mondo ed un Paese più giusto, più eguale, più solidale.
All’interno della lunga ed orgogliosa storia del PCI non può rimanere dimenticato lo straordinario ruolo che il Partito ebbe nell’avvicinare larghe masse di giovani alla politica, nel farsi contaminare dalle loro idee e dalla loro visione del mondo, nel contribuire alla crescita morale ed intellettuale dell’Italia intera. L’avvicinamento alla politica, grazie al PCI, è stato un fatto di massa che provocò la crescita individuale dei militanti e l’avanzamento collettivo attraverso un sano confronto tra generazioni. Un confronto in cui anche al mondo dell’informazione era riservato uno spazio di primo piano: quanto manca oggi L’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, che attraverso la lettura condivisa nelle sezioni di partito e nelle Camere del lavoro consentì a larghi strati di popolazione, spesso analfabeta, di accedere alla conoscenza? Ancora a cavallo degli anni Duemila, durante la mia esperienza universitaria a Bologna, era frequente imbattersi in uomini e donne di tutte le età che leggevano L’Unità affissa nelle bacheche sparse in città. E tra loro erano tantissimi i giovani.
Proprio nei giovani il PCI ha sempre creduto. Basti pensare che la Federazione Giovanile Comunista Italiana, ricostituita nel 1949 con alla guida Enrico Berlinguer, poteva contare stabilmente su centinaia di migliaia di iscritti di cui, nel periodo di maggior splendore, oltre 1.800 nella sola provincia di Lecce. Un’organizzazione forte e ben guidata, capace di far crescere leader autorevoli ed influenzare le scelte “dei grandi” su temi fondamentali quali pace, diritti civili, rapporto con i movimenti, ambiente. Temi ancora oggi attuali e che contribuiscono a spiegare quanto sia forte, sentita e riconosciuta l’eredità di quel mondo che si riconosceva nel più grande partito comunista d’Occidente.
Nella saldatura tra il Partito (e la sinistra in generale) e le giovani generazioni, un ruolo di primo piano fu svolto senza dubbio da Berlinguer. Il suo famoso “Discorso ai giovani” del 1982 fu profetico sotto vari aspetti: l’attenzione al tema dell’impatto dello sviluppo tecnologico sulle condizioni materiali delle persone (viene facile pensare alla condizione di chi oggi vede regolato il proprio lavoro dalle app e dagli algoritmi), all’ambiente (non a caso Berlinguer è tra i leader più citati dai ragazzi dei Fridays for future), al femminismo e al contributo delle donne allo sviluppo armonico dell’intera società e ancora all’espansione demografica e dei suoi effetti sui divari Nord-Sud del mondo. In quel discorso ribadì “l’esigenza del socialismo, inteso come sforzo per una direzione consapevole e democratica dei processi economici e sociali, fondata sulla pienezza di tutte le libertà”, rivendicando la “necessità di forme programmate di intervento pubblico nella economia” per garantire “una più ampia giustizia sociale”.
Quello stesso socialismo che “continua a guardarci da infinite finestre, anche nei momenti in cui la speranza sembra venire meno”, come ricordava spesso, richiamando gli insegnamenti di Gramsci, uno dei più autorevoli rappresentanti del PCI salentino, Giorgio Casalino, deputato dopo esser stato per lunghi anni segretario generale della CGIL Lecce. Giorgio amava considerare i giovani, nei cui confronti ha indirizzato gran parte del suo impegno e della sua attività politica, “materiale delicato e prezioso, da seguire, da incoraggiare. Per farli diventare prima uomini e donne, e poi dirigenti”. A conferma di quanto l’attenzione verso di essi fosse patrimonio sincero e comune dell’intero Partito. Oggi, a distanza di tanti anni dalla straordinaria esperienza del PCI, fatichiamo a riconoscere nel panorama politico leader autorevoli come furono Gramsci, Berlinguer e Casalino.
Ciò nonostante, le giovani generazioni continuano ad avere bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo. Possono tornare centrali per aiutare la politica a riscoprire le radici e gli ideali di quella gioventù, che è ancora la nostra gioventù. Ideali rimasti chiusi nel cassetto della Storia troppo a lungo, in alcuni casi per comprensibile vergogna ed inadeguatezza, in altri, forse, per paura di poter davvero continuare a costruire un mondo più giusto, eguale e solidale.

*Segretario provinciale Fillea Cgil Lecce