Pubblichiamo l’intervento di Monica Accogli, segretaria generale della Flai Cgil Lecce, pubblicato sulla prima pagina del Nuovo Quotidiano di Puglia del 29 agosto sul fenomeno degli ulivi malati di disseccamento rapido che vengono bruciati nelle campagne salentine.

 

Monica Accogli*

Destano stupore e fanno male le cronache e soprattutto le immagini di centinaia di ulivi bruciati. Vedere quelle torce, meticolosamente accese una ad una, è un colpo al cuore per tutti i salentini, per tutte le persone che tengono all’ambiente e ad un simbolo identitario come l’ulivo. Atti che non trovano giustificazione e che condanniamo per le gravi ripercussioni ambientali. Eppure non siamo sorpresi da questo fenomeno.

Monica Accogli, segretaria generale della Flai Cgil Lecce
Monica Accogli, segretaria generale della Flai Cgil Lecce

La xylella ha messo in ginocchio non solo il comparto olivicolo, ma un territorio intero. Il paesaggio è stravolto. L’impatto economico è devastante. La situazione odierna è un traguardo raggiunto in questi anni sulla spinta di una politica immobile, incapace di prendere decisioni rischiose, che cavalca il consenso facile piuttosto che preoccuparsi del futuro. La sorpresa con cui parte della classe dirigente locale ha commentato il triste fenomeno degli incendi ci lascia sconcertati, perché fino a questi roghi molti amministratori si erano abbandonati ad una sorta di fatalismo. Lasciando da soli centinaia di produttori, mentre migliaia di lavoratori erano senza reddito e senza sussidi.

Finché ha retto la produzione, è stato possibile nascondere la sabbia sotto il tappeto; ma ora che le olive non ci sono più, montano rabbia e disperazione. Non sappiamo chi abbia appiccato questi fuochi. Se sia opera di piromani o di qualcuno che intende lanciare un macabro messaggio. Nel secondo caso sarebbe incomprensibile: se vogliamo conservare uno spiraglio di futuro bisogna evitare questi incendi. Ma soprattutto bisogna trovare una soluzione. E attuarla.

Lo scorso anno la Flai Cgil e la Cgil di Lecce hanno lanciato una proposta durante un seminario organizzato a Presicce. Il punto di partenza della discussione fu la presa d’atto che il Complesso del disseccamento rapido dell’olivo (Codiro) ha ormai stravolto il patrimonio paesaggistico, identitario e produttivo del Salento. Ci sono milioni di alberi ormai perduti irrimediabilmente nelle province di Lecce e Brindisi, uliveti che neppure le indispensabili buone pratiche biologiche possono resuscitare. A nostro giudizio, per far ripartire il settore non si può perdere più tempo: i tronchi morti vanno espiantati e in parte sostituiti con le cultivar resistenti.

Sarà uno shock, che va superato con il coinvolgimento diretto dei produttori e anche dei lavoratori, ossia la parte in causa meno ascoltata. In provincia di Lecce sono iscritti negli elenchi anagrafici circa 22mila lavoratori dipendenti: almeno un terzo di essi era impiegato nel settore della produzione olearia. Oltre a tutta una serie di interventi tecnici, sulla produzione, il mondo del lavoro dipendente dell’olivicoltura regionale ha bisogno di interventi a tutela e sostegno del reddito. Tra monitoraggio, possibilità di espiantare ulivi e di reimpiantare passeranno molti mesi: per dare risposte a questi lavoratori non possiamo aspettare la soluzione definitiva alla questione-xylella, piuttosto occorre agire in fretta per sostituire momentaneamente le produzioni e in tal modo consentire all’economia del territorio di ripartire. Tutto questo è necessario affinché l’intera filiera agricola “occupazionale” (addetti alla raccolta, addetti alla ripulitura, addetti al frantoi, addetti alla vendite, titolari di foresterie) venga messa nelle condizioni di lavorare. Se si pensa solo alla possibilità del reimpianto, siamo sicuri che tutti gli sforzi compiuti per far ripartire l’agricoltura locale non sortiranno effetti prima di dieci anni. Non possiamo pertanto vivere d’attesa: dobbiamo individuare non solo un piano di sviluppo a lungo periodo, ma contestualmente identificare un piano a più breve scadenza.

Per la Flai Lecce i percorsi da intraprendere sono almeno tre. Il primo è il più immediato: interventi di natura previdenziale. Ci sono 2.500 salentini addetti alla raccolta che hanno perso il lavoro. Occorre un sostegno al reddito per tutti i lavoratori che attualmente si trovano involontariamente disoccupati, ma per far ciò serve il riconoscimento dello stato di calamità: un iter non ancora avviato, nonostante i solleciti della Flai, del presidente della Provincia e di alcuni sindaci. Il secondo percorso ha tempi più lunghi: occorre rigenerare il settore agricolo. C’è un fondo nazionale da 300 milioni: facciamo in modo che non resti inutilizzato. Non bisogna solo reimpiantare ulivi resistenti: il Salento, infatti, potrebbe diventare terreno fertile per la ripresa di colture antiche, come i cereali, per rifornire di materie prime aziende locali di piccole e media industria. Il tutto anche col sostegno delle istituzioni, in modo particolare della Regione, magari anche attraverso la possibilità di sottoscrivere accordi che mettano in rete le diverse realtà produttive. Infine bisogna porsi il problema dello smaltimento dei tronchi. Milioni di piante saranno espiantate ed il legno pregiato, privo di ogni vegetazione, potrebbe essere utilizzato nel settore dell’arredamento o essere risorsa per attività culturali, potrebbe finire nelle scuole o nelle accademie che vedono la specializzazione di molti studenti in scultura del legno. Sono poche idee che abbiamo consegnato al ministro Bellanova lo scorso ottobre. Ora però servono i fatti. Chi ha il mandato di decidere avvii un processo di rigenerazione del territorio, altrimenti destinato a quei piromani che, intenzionalmente o no, uccidono il futuro del Salento.

*segretaria generale della Flai Cgil Lecce