“Non c’è turismo senza tutele”, la Filcams dice “No” alla reintroduzione dei voucher

Abbiamo raccolto più di un milione di firme per un referendum che abolisse il voucher, uno strumento che sostituisce il lavoro regolare e costituisce la “nuova frontiera della precarietà”.

A distanza di un anno la storia si ripete; il Governo vuole reintrodurlo per alcuni settori tra cui il turismo nonostante una forma di voucher (presto) sia stata già reintrodotta, dopo aver impedito il voto referendario, per le imprese con almeno 5 dipendenti.

Il Turismo genera il 12% della ricchezza del nostro paese e avrebbe bisogno di investimenti e di politiche serie. Ancora una volta invece, si vuole colpire l’anello debole della catena: i lavoratori.
Le imprese lamentano che non hanno sufficienti strumenti di flessibilità per far fronte a una domanda da sempre condizionata dalla stagionalità: falso!
I contratti di settore firmati con Confcommercio, Confesercenti, Confindustria prevedono:
• Part time anche di 15 ore con clausole elastiche che permettono di aumentare e spostare ore di lavoro, laddove se ne ravvisi la necessità, con un preavviso di 2 giorni;
• Part time week end della durata di almeno otto ore per studenti e percettori di forme di sostegno al reddito;
• Lavoro extra che garantisce di poter assumere lavoratori con contratti di massimo 3 giorni per meeting, congressi, fiere, arrivo di gruppi, e nelle festività;
• Apprendistato in cicli stagionali per giovani fino a 29 anni dove le imprese possono determinare anche la durata complessiva del rapporto di anno in anno per 48 mesi;
• Tempo determinato stagionale che può essere utilizzato senza limiti numerici per le imprese e che può sempre essere ripetuto per i lavoratori;
• Somministrazione di lavoro a tempo determinato per far fronte a picchi di attività in tutti i periodi dell’anno;
Alla stagionalità abbiamo risposto con anni di contrattazione, ma il lavoro nel Turismo non è solo in stagione e di certo non è quasi mai occasionale.
Per un voucher il datore di lavoro spendeva 10 euro, di cui 7,5 euro finivano nelle tasche del lavoratore. Il buono lavoro non garantiva copertura per malattia, maternità, non prevedeva ferie, permessi, riposi, tredicesima, e pertanto costava meno di tutte le altre forme di lavoro previste dai Contratti.
Le imprese sono interessate solo a pagare di meno i lavoratori: la flessibilità, come abbiamo dimostrato, è un falso problema.

COMBATTIAMO LA PRECARIETÀ! DIFENDIAMO IL DIRITTO AD UN LAVORO DIGNITOSO!